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Lettera a Peppino Impastato
Ridotto a brandelli da mafiosi vigliacchi e infami trent'anni fa
Don Chisciotte


Peppino Impastato   Peppino Impastato nel 1978

Caro Peppino,
ti scrivo pur sapendo che sei morto, ma vedendoti, sentendoti, ben presente nei cuori e nelle menti di tante persone – uomini, donne, giovani e anziani – so che a anche a te arriveranno queste mie parole.
Quando ti penso, sopraggiunge in me l'emozione, forte, intensa, difficile da controllare. Ammetto che alle volte mi imbarazza. Non so se mi capisci. E' un po' come quando penso a mia nonna o al mio maestro d'arme. Ma come per loro, anche con te, è questione di un attimo. Con un sorriso, che parte dal cuore, e che prima di giungere alle labbra, vibra lungo tutto il mio corpo, si fa largo in me un'energia che rinnova la mia forza e mi spinge senza indugio a continuare la mia, la nostra, battaglia.
Tu in questo sei stato un maestro e non farci caso a quei cornuti che ancora oggi dicono – “si, si, iera nu' bravu caruso, ma nun sapia farisi l'affari so''” – guarda che ce li abbiamo anche qui in Brianza, solo che parlano un'altra lingua. Sono persone che non meriterebbero nemmeno di pulirti le scarpe, anche se so che tu le scarpe te le pulisci da solo.
Nel frattempo, ti sarai accorto, che tanti giovani nella tua, nostra terra, hanno deciso di dire no alla mafia e con essi, nuovi imprenditori si rifiutano di pagare il pizzo, appoggiati – incredibile – dalle loro associazioni di categoria. Sono piccoli passi, che però si aggiungono ai tuoi 100… staremo a vedere dove ci porteranno.

Peppino Impastato

Si è vero che l'altra faccia della medaglia, vede quel cannolo di Cuffaro in parlamento, sotto le mentite spoglie di onorevole, nonostante la condanna per favoreggiamento, verso un singolo mafioso – e si perché se ne favoriva di più forse oggi sarebbe presidente del Consiglio – e con lui, anche quel doppiopetto di Dell'Utri, nonostante la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma che ci vuoi fare, caro Peppino, il lavoro da fare qui è ancora tanto, ma noi non desistiamo!
Come non desistettero, trent'anni fa i tuoi amici e compagni, i tuoi famigliari… forte la tua mamma, è stata. Se fosse stato per lo Stato, il tuo epitaffio sarebbe stato “suicidio”. Ma loro, che ti conoscevano troppo bene, avevano ereditato un po' della tua testa dura. E si impuntarono, scartando i depistaggi, denunciando chi di dovere, lottando, parlando, urlando, contro ogni convenienza, opportunismo, ipocrisia, viltà. Il tuo enorme coraggio, la tua ostinazione,
caparbietà, lealtà, intransigenza, onestà – insomma tutte quelle cose che ci insegnano da piccoli, per poi chiederci di metterle da parte da grandi, perché sconvenienti – si riversarono su di loro.
Si tu, figlio di mafia, tu che hai osato infrangere quel legame oscuro che vessa e umilia la tua, nostra, terra e sparge il suo fiele per il mondo intero, anche da morto, hai saputo rigenerare i vivi. Come un Cristopovero – s'intende.

il funerale
              il funerale

Ed è così che ventiquattro anni dopo – l'11 di aprile del 2002 alle ore 17,15 per la precisione – la Corte di Giustizia di Palermo condanna all'ergastolo, quale mandante del tuo omicidio, Tano Badalamenti.
Tu, come me, lo sai Peppino, che i tuoi amici e compagni, quel nome – Tano Badalamenti – lo urlarono a gran voce, due giorni dopo, che degli infami da lui armati ti avevano dilaniato la carne in mille brandelli, facendoti saltare con la dinamite, sulle rotaie della ferrovia. Ma non per tutti è così.
Conoscendo la tua umiltà, son certo che mai avresti perorato la tua causa, il tuo particulare, in un paese come il nostro dove l'impunità per stragi e ammazzamenti vari, pare essere una costante.
Comunque sia il risultato raggiunto è importante, anche se ancora ci sarebbe da scoprire, sulle collusioni, i depistaggi che anche nel tuo caso non sono mancati.
Se fossi un “paolotto”, non avrei dubbi ti farei santo subito; se fossi un uomo banale ti chiamerei eroe, ma io sono solo un cavaliere errante, come tu ben sai e quindi non posso far altro che inchinarmi di fronte a te, per poi abbracciarti e continuare a portarti nel mio cuore e nella mia mente… per sempre.
Trent'anni fa, più o meno a quest'ora del pomeriggio, leggevo con alcuni amici, seduto su una panchina, di un luogo qualunque, della tua morte. Ho ancora in mente quel preciso momento … wish you were here.

Grazie Peppino.

Don Chisciotte

VEDI ANCHE: Peppino Impastato - Il circolo di Rifondazione Comunista di Monza, intitolato al suo nome, ha partecipato alle commemorazioni a Cinisi a trent'anni dal suo assassinio.

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  12 maggio 2008